Editoriale del Presidente Quagliariello per La Gazzetta del Mezzogiorno – 11 ottobre 2024
Non ci illudiamo di fermare l’intelligenza artificiale, ma sia occasione di crescita
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Il Premio Nobel assegnato agli «inventori» dell’Intelligenza artificiale conferma una volta di più l’ineluttabilità del suo avvento. Aprire uno scontro frontale contro l’IA non è solo sbagliato: è inutile. Questa novità tecnologica ha la forza da conquistare il globo e, in poco tempo, cambiare in profondità il mondo del lavoro e le nostre stesse abitudini di vita. La sfida, allora, non consiste nell’inscenare un luddismo fuori del tempo. È quella, piuttosto, di acquisire la consapevolezza della posta in atto ed i comportamenti conseguenziali. La tecnologia, in sé, non è né buona né cattiva. Dipende da come la si usa.
L’IA ha in sé il rischio di promuovere una casta di ottimati, possessori dell’arca santa del progresso, che si vengano a trovare in posizione sovraordinata rispetto al resto della cittadinanza. Questa prospettiva si combatte attraverso una grande operazione di formazione che investa trasversalmente le discipline, gli ambiti lavorativi, le generazioni. Il compito che ci attende, dunque, non è quello di costituire dei gruppi di esperti (dei quali pure avremo bisogno) quanto quello di formare dei cittadini consapevoli. L’IA non va rinchiusa in ambiti ristretti e inaccessibili; va liberata affinché possa contaminare tutti i saperi e divenire parte del bagaglio cognitivo di ciascuno. È un’esigenza di democrazia, che preservi l’uguaglianza dei punti di partenza ed è un necessario accrescimento della consapevolezza personale.
L’IA ha la forza per veicolare dati fasulli e argomenti contraffatti. Non ci sono dubbi in proposito. Per sventare questo rischio le regole servono ma, a cospetto della velocità con la quale la tecnologia si evolve, rischiano di divenire presto obsolete. Assai più, serve possedere gli strumenti e le competenze per riconoscere fake news e smascherare gli spacciatori di menzogne. Per i giovani, in particolare, nelle scuole e nelle università andranno costituite delle vere e proprie palestre dove ci si possa allenare a questo esercizio.
Lungo questa deriva, la competenza potrebbe prendersi la sua grande rivincita, in una concezione aggiornata di cittadinanza attiva. Una visione diffusa di Internet ha schiacciato la competenza verso il basso. «Uno vale uno» è stato il programma attraverso il quale si è cercato di far divorziare la democrazia della conoscenza e dall’esperienza. Per essere uguali – si è sostenuto – bisogna accettare di privarsi di ciò che si è imparato e si è sperimentato; di considerarsi sullo stesso piano di chi non sa ma presume di sapere.
Come emerge da una ricerca Microsoft Italia-Fondazione Magna Carta, la diffusione dell’IA potrebbe offrire a tutti gli strumenti per incrementare le proprie conoscenze, per liberarsi delle incombenze meno gratificanti e liberare parte del proprio tempo a favore di nuove opportunità d’accrescimento. Si potrebbe, così, invertire il paradigma che ha visto la democrazia rappresentativa declinare a favore della demagogia acritica.
Perché ciò avvenga, però, non è sufficiente declamarlo. Bisogna volerlo e porre in atto azioni conseguenziali. L’Italia, lungo questa via, appare in ritardo rispetto ad altri Paesi europei. Solo il 42% della popolazione tra i 16 e i 74 anni possiede conoscenze digitali di base, 12 punti sotto la media UE. Le competenze avanzate sono ancora più scarse. Solo il 13 % delle aziende con meno di 10 addetti assume personale con abilità digitali specialistiche e solo il 19% di queste aziende promuove corsi di aggiornamento. I dati più recenti di Istat indicano che meno del 5% delle aziende più piccole ha fin qui sperimentato l’uso dell’IA. Bisogna fare in fretta perché il futuro batte alle porte. Affidarsi soltanto alle tanto invocate regole è niente più che una consolante illusione. Quel che serve è lo sforzo corale di una comunità. Lo Stato, da solo, non può farcela. Le imprese sono chiamate ad assumere un ruolo centrale nella formazione continua del personale, nell’upskilling e nel reskilling dei lavoratori adulti e anziani.
Scuole e università dovranno riconsiderare i loro programmi. Tutti dovremmo fare la nostra parte: non limitandoci a chiedere all’IA di fare qualcosa per noi, ma domandandoci come la si possa utilizzare per creare nuove opportunità e occasioni di crescita.
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