Le automobili hanno cessato da mezzo secolo di diventare più veloci. Sono diventate più sicure, più silenziose, più ecologiche. Hanno incorporato, cioè, delle valutazioni dei rischi e dei principi di responsabilità. Per il web nulla di questo è stato ancora fatto, tranne delle esaltazioni (intelligenza collettiva) delle deprecazioni (imbecillità di massa) e una ossessione sulla privacy che viene contestata nei fatti dalla facilità con cui gli esseri umani rinunciano alla privacy nei social network.
Documedialità vuole fornire una ragion pratica nell’età della documentalità (cioè dell’esplosione della scrittura e dei documenti in quanto generatori di responsabilità e di oggetti sociali determinatasi negli ultimi trent’anni), cioè contribuire alla maturazione riflessiva del web. Si tratta di un lavoro in progress, che in questa sede anticipo per punti problematici e partendo da un assunto di fondo: sono passati più di 30 anni dai Six Memos di Calvino e quasi 40 dalla Condizione postmoderna di Lyotard, e tutto è radicalmente cambiato in una maniera largamente imprevista: non si è verificata, in particolare, la leggerezza profetizzata da Calvino, e il digitale, ben lungi dal provocare dematerializzazione ed emancipazione, come sosteneva Lyotard, ha avviato processi molto concreti di sottomissione.
Globalizzazione. Fa sorridere, o meglio fa riflettere, che la globalizzazione non rientrasse tra le parole chiave di Calvino. Il motivo è molto semplice: la vera globalizzazione ha avuto luogo attraverso il WWW, che nasce poco dopo. Malgrado le apparenze, la globalizzazione non dipende dai jet, ma dalla scrittura, una tecnica più vecchia delle piramidi che permette il rapidissimo trasferimento di archivi e di oggetti sociali, i soli che sono capaci di trasformare un’orbe in un’urbe.
Emergenza. In questa esplosione della scrittura abbiamo una forma eminente di emergenza. Il nuovo non insorge per progettazione o costruzione umana, è la tecnica si rivela autopoietica, è lei che decide che cosa dobbiamo fare, ma questa circostanza non va vista solo in un senso negativo: la tecnica, più che un veicolo di alienazione, è un veicolo di rivelazione della vera natura umana. La grande svolta epocale, ancora non del tutto percepita, è quella del passaggio dalla costruzione all’emergenza – un concetto che ci costringe a ripensare interamente la categoria di “progetto” come attuazione di coordinate concettuali.
Documentalità. Sembrava che sparisse la scrittura, e invece siamo sommersi da scritture, registrazioni, documenti, e scriviamo tutto il giorno. Anche questa non è una alienazione, ma una rivelazione: la società non può far a meno di documenti perché gli oggetti che la compongono sono iscrizioni di atti: denaro, matrimoni, affitti e prestiti… Non stupisce che il grande business degli ultimi 30 anni riguardi appunto le tecnologie della scrittura.
Responsabilizzazione. Calvino scriveva all’alba del Postmoderno, noi ora ragioniamo dopo il suo tramonto. Ma che cosa significa questo ritorno alla realtà? E si può parlare di ritorno alla realtà, o non è più corretto ritenere che ciò che chiamavamo “virtuale” o “liquido” si sia rivelato più solido e reale che mai? Nella età documediale la produzione di media e la produzione di documenti va di pari passo, non nel senso di una “società liquida” ma, proprio al contrario, in quello di una società piena di vincoli che vanno conosciuti per sfruttarli al meglio, nelle loro possibilità così come nei loro vincoli.
Mobilitazione. Dai nuovi media ci si attendeva emancipazione dal lavoro, o almeno dalla ripetitività. Quest’ultima la si è avuta, ma, in cambio, si è prodotta una mobilitazione totale delle risorse umane, una mobilitazione che va al di là dello stesso utile economico, e che dunque ci impone di ripensare l’homo oeconomicus come homo mobilitatus. In questo quadro abbiamo a che fare con alcuni fenomeni di particolare rilevanza: superamento della distinzione tra archivialità statale (governamentalità) e archivialità economica e dei servizi; superamento della distinzione tra personale e pubblico; superamento del principio di economia in nome del bisogno di riconoscimento.
Esemplarità. Questo non significa rassegnazione, al contrario. La novità e l’esemplarità di una azione singolare sono sempre possibili, e in effetti hanno luogo. Solo bisogna essere consapevoli della singolarità di queste azioni, che investono responsabilità individuali, e superare l’animismo incline a imputare i mali dell’umanità a entità numinose e spesso astratte come il Mercato, l’Europa, il Capitale.
di Maurizio Ferraris, Professore ordinario di Filosofia teoretica, Università di Torino
in “La Comunicazione multipla”, quarto osservatorio della fondazione Magna Carta, in corso di pubblicazione