“Sfida all’Occidente: il terrorismo islamico e le sue conseguenze”. Il volume, a cura di Gaetano Quagliariello e Andrea Spiri, ripercorre la trama di una riflessione che sfida il politicamente corretto e l’accusa di fomentare un conflitto di civiltà di cui ancora oggi qualcuno continua a negare l’esistenza, dall’attacco dell’11 settembre 2001 all’offensiva terroristica dei nostri giorni.
Introduzione di Gaetano Quagliariello e Andrea Spiri
Adesso, un salto nel vuoto. La grande stampa internazionale ha accolto con malcelato timore l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, dopo che per mesi lo stesso establishment mediatico statunitense – poco abile nel cogliere gli umori di una parte consistente del Paese e nell’interpretarne il disagio crescente – si era esercitato nella celebrazione dell’«usato sicuro» di contro alla minaccia del «populismo aggressivo», schierandosi a sostegno dell’ex first lady Hillary Clinton, preferita nel ruolo di Commander in chief al tycoon newyorkese difficilmente inquadrabile negli schemi politico-diplomatici tradizionali.
Ѐ difficile azzardare previsioni sugli indirizzi internazionali che orienteranno il nuovo corso a stelle e strisce, ma se volessimo fuoriuscire dalla logica delle considerazioni tendenziali, comunque imprescindibili in questa fase, potremmo fin da ora ritenere abbastanza plausibile che Donald Trump cercherà di guidare l’America distanziandosi dall’internazionalismo multilaterale di Barack Obama e, al contempo, dall’interventismo messianico che sotto l’influsso intellettuale del neoconservatorismo ha segnato la traiettoria dell’Amministrazione presieduta da George W. Bush.
Il neo presidente ha molto insistito in campagna elettorale sul concetto di “nazionalismo” quale propaggine del messaggio «America First», declinandolo in ambito economico-commerciale secondo criteri marcatamente protezionisti; questo, tra l’altro, gli ha consentito di guadagnare consenso tra le comunità rurali e di fare breccia nel ceto medio impoverito dagli effetti di una globalizzazione da rimettere – è l’impegno assunto – al servizio della gente.
Muovendosi lungo questo solco, è verosimile ritenere che sul terreno della politica estera le sollecitazioni saranno rivolte a fornire impulso ad un riorientamento delle direttrici strategiche americane, privilegiando in ultima istanza la retorica e l’istinto dell’isolazionismo (il che non è sinonimo – si badi bene – di rinuncia alla tutela e all’affermazione degli interessi statunitensi nel mondo).
Come poi un’inclinazione simile possa trovare il suo punto di caduta e configurarsi quale approccio concreto nel contesto geopolitico in accelerata, radicale trasformazione, è materia che ai nostri occhi contrasta con l’analisi fattuale dei principali dossier internazionali. A cominciare dagli sviluppi della crisi siriana e dal futuro dell’accordo sul nucleare con l’Iran (il regime degli ayatollah nel frattempo ha irrobustito il suo potere di condizionamento sul nuovo governo di Baghdad, consolidando la fisionomia di attore regionale), passando poi al ginepraio libico e alla spinosa questione israelo-palestinese, tornata prepotentemente alla ribalta dopo la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che ha condannato la politica degli insediamenti nella West Bank portata avanti dal governo Netanyahu. Un provvedimento, quello delle Nazioni Unite, passato grazie alla significativa astensione degli Usa che hanno rinunciato ad esercitare il potere di veto, provocando la reazione stizzita di un Trump non ancora insediatosi al 1600 di Pennsylvania Avenue.
E certo non mancano i focolai di crisi che in altri quadranti geografici minacciano la stabilità del panorama globale.
Un capitolo denso di incognite… (per leggere il resto del testo, scopri come ricevere l’intero volume cliccando qui)
Gaetano Quagliariello, Andrea Spiri