A fare “gli onori di casa”, presso la Galleria Colonna, è stato il curatore del saggio, il senatore Gaetano Quagliariello, mentre la deputata Eugenia Rocella ha avuto il compito di moderare il dibattito tra i parlamentari Massimiliano Fedriga, Maurizio Sacconi, Paolo Romani e Giulio Tremonti.
A 15 anni dall’11 settembre l’Europa vive una crisi di valori e di identità, aggravata dalla crescente e incontrollata immigrazione. “Il modello olandese, belga, francese ci era stato venduto per anni come massimo modello di integrazione, come se l’Italia fosse rimasta indietro rispetto all’evoluzione dei paesi del Nord Europa. Oggi si scopre che grazie a quei modelli sono nati i terroristi degli attentati di Bruxelles, Londra e Parigi, dove esistono dei quartieri in cui la polizia non può entrare”, spiega Massimiliano Fedriga, capogruppo della Lega Nord alla Camera.
Secondo Paolo Romani, capogruppo di Forza Italia al Senato, “le società europee hanno generato dei mostri come Molenbeek o le banlieu parigine ma il caso italiano, per fortuna, è diverso” anche se l’applicazione del recente accordo tra il governo italiano e la maggior parte delle associazioni islamiche non sarà affatto semplice da far rispettare. Romani ricorda, infatti, “che l’Ucoi è in odore di essere stato o di essere vicino ai Fratelli Musulmani” ed è proprio con questi ultimi che Romani chiede che l’Occidente segni “una netta linea di demarcazione”.
L’accordo prevede essenzialmente in quattro punti: 1) che le moschee siano luoghi aperti al pubblico, 2) che ci sia l’identificazione degli Imam in attesa di fare un albo, 3) che i sermoni siano fatti in italiano o tradotti in italiano, 4) che ci sia una lista dei finanziatori delle moschee. E, per quanto sia da ritenere un buon accordo “il problema è che non c’è sanzione se viene contraddetto”, spiega Romani.
Per Maurizio Sacconi, senatore di Ap, la battaglia al terrorismo islamico si vince sul piano culturale. “Ci si illude – dice Sacconi – di poter costruire un equilibrio demografico solo con le politiche pubbliche di sostegno materiale alla famiglia, alla procreazione nella famiglia, ma non basta. In Francia questo tipo di politiche praticate in maniera forte non hanno portato la natalità al punto di equilibrio, il 2.1 per donna. Per arrivare al punto di equilibrio c’è bisogno di un risveglio culturale”. E ancora: “Non esiste immigrazione che possa ridare equilibrio, subire immigrazione, semmai, vuol dire rimanere in situazione di squilibrio e, per giunta, annichilirci”.
A tal proposito il leghista Fedriga attacca l’Oms che “invece di dirmi che bisogna fare politiche per la natalità, mi dice che l’Europa da qui al 2050 ha bisogno di 120 milioni di immigrati. Credo non siano un branco di scemi, credo ci sia un disegno”. Così come anche il testo di legge sul biotestamento, ora in discussione alla Camera, rientra in un progetto più ampio. “Non sono complottista ma sono, convinto che vi sia un disegno dentro l’annullamento dell’individuo, della famiglia e delle comunità”, chiarisce Fedriga parlando dei temi eticamente sensibili.
A minare la nostra identità, pertanto, siamo per primi noi italiani e noi europei. Ne è la riprova il desiderio espresso da “alcuni padri nobili dell’Europa” – come li chiama il senatore Giulio Tremonti nel suo intervento – di vedere la Turchia nell’Unione Europea. “Che debba e possa entrare nello spazio economico, assolutamente sì ma l’ingresso della Turchia nell’Ue è la soggezione del diritto della Turchia, che è un diritto musulmano, ai principi della Corte di Strasburgo. Voi pensate – si chiede l’ex ministro – che nell’Ue possa stare un Paese di diritto musulmano? È una prova di stupidità delle elites europee”. L’Occidente, all’inizio degli anni 2000, ha, inoltre, sbagliato nel credere che Paesi come l’Afghanistan o l’Iraq potessero abbracciare facilmente il sistema democratico. Secondo Tremonti: “Noi come Occidente abbiamo violato tradizioni che andavano rispettate. Puoi essere convinto che i tuoi paradigmi siano migliori di quelli degli altri ma non puoi pensare che, essendo migliori, puoi sradicare le radici di popoli di secoli”, ha aggiunto l’ex ministro dell’Economia.
Anche il generale Carlo Jean, presente tra il pubblico, condivide il pensiero che il terrorismo non si sconfigge esportando la democrazia. “I fondamentalisti noi li battiamo culturalmente. L’approccio giusto è quello del presidente egiziano Al Sisi che ha incaricato l’università Lazar, il centro culturale del sunnismo, di dare una versione del Corano compatibile con la convivenza civile”, chiarisce a Formiche il generale che vede un futuro incerto per l’Occidente: “Diventerà meno sicuro con la distruzione dell’Isis perché non farà finire la jihad ma farà sì che i combattenti, senza più un territori, saranno immersi nella società e faranno attentati”.
A breve pubblicheremo le fotografie e i video dei singoli interventi
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