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Venerdì l’assemblea di Montecitorio avrebbe dovuto votare l’articolo 34 del disegno di riforma costituzionale, che modifica l’articolo 117 della Costituzione in guisa tale da intro durre nel nostro ordinamento la cosiddetta devoluzione. Ma il voto è stato rinviato a oggi. Infatti l’opposizione, a corto di argomenti, non ha saputo trovare di meglio che abbandonarsi all’ostruzionismo. Poiché questo termine suona male e non piace più di tanto all’opinione pubblica, che reclama dalla classe politica decisioni e non continui rinvii, ecco che il centrosinistra si scopre tardo epigono di D’Annunzio, che giocava da par suo con le parole.

Sia chiaro, il portavoce del presidente dei deputati diessini Luciano Violante è un addetto stampa con i fiocchi. Ma costoro, si sa, sono tenuti ad attaccare l’asino dove vuole il padrone. E così Claudio Ligas ha inviato alla Stampa una secca lettera nella quale precisa che il centrosinistra non si è mai sognato – ci mancherebbe – di ricorrere all’ostruzionismo. No, sta facendo – com’è suo dovere – una ferma opposizione. Insomma, il buon Ligas spacca il capello in quattro e dà a intendere che tra ferma opposizione e ostruzionismo correrebbe una distanza abissale. La verità è che se non è zuppa è pan bagnato. E ci vuoi poco a comprenderne il motivo.

In effetti, pur di far trascorrere il tempo e ritardare il voto sulla devoluzione, il centrosinistra le ha provate tutte. In una votazione è uscito dall’aula allo scopo di far mancare il numero legale e di rinviare di un’ora la seduta. Ma gli è andata male perché, sia pure per soli tre voti, il numero legale non è mancato.

Poi ha puntato il dito contro i presunti pianisti della maggioranza, ossia contro coloro che votano per il collega di gruppo assente. Quasi che i deputati dell’opposizione fossero sempre innocenti come agnellini. E si è rivolto alla presidenza per sapere se non ci sia una qualche diavoleria elettronica per garantire l’identità dei votanti. Ora è noto, e la presidenza di assemblea lo ha ribadito, che un sistema del genere è stato sperimentato con successo altrove. Il guaio è che dopo una cinquantina di votazioni il sistema va in tilt e perciò non lo si può importare da noi, visto e considerato che sovente le votazioni giornaliere nei due rami del Parlamento sono assai di più.

Né sono mancati i richiami al regolamento e sull’ordine dei lavori. Così come le dichiarazioni di voto a pioggia. Insomma, con buona pace di Ligas, questo altro non è che ostruzionismo bello e buono. Alla faccia del contingentamento dei tempi, grazie al quale la riforma costituzionale dovrebbe essere votata a Montecitorio entro l’8 ottobre. Il fatto è che, come ammoniva Longanesi, chi si firma è perduto.

A furia di parlare a ruota libera, l’opposizione è incorsa in parecchi infortuni. Ha sparato a zero contro una devoluzione che nel frattempo la maggioranza ha corretto in guisa da non destare più alcuna preoccupazione. Tant’è che uno studioso certo non ostile al centrosinistra come Stefano Ceccanti è pervenuto alla provocatoria conclusione che ormai la devoluzione, così come era stata originariamente concepita, non c’è più.

Ma la vocazione demolitoria dell’opposizione è arrivata a risultati grotteschi. Il centrosinistra difatti si è scagliato per ore e ore contro quella polizia amministrativa regionale e locale già prevista da una legge dello Stato. E precisamente – come ha denunciato in aula il finiano Nuccio Carrara – dal decreto legislativo 112 del 1998, attuativo delle cosiddette leggi Bassanini, approvate anche da Rifondazione comunista. Ecco la riprova che l’opposizione è in stato confusionale più che mai.

Il Giornale, 28 settembre 2004