Continua in modo tipicamente italico la diatriba sulle coppie di fatto, la quale si può proprio dire che abbia generato un caos… che non ti “dico”. A seguito dell’approvazione del disegno di legge, c’è stata la ovvia presa di posizione della Chiesa, la quale non si è nemmeno espressa nella totalità del suo pensiero, ma ha semplicemente anticipato, per tramite il Card. Ruini, l’avvento di un documento “che indichi quale debba essere la posizione dei cattolici in merito e sia chiarificatore per tutti”. Nella norma, primo round chiuso e a risentirci alla pubblicazione del documento. E invece non è così, perchè nelle file dell’unione il solo anticipare un tale redde rationem ha creato un vero e proprio terremoto, con schiere di rappresentanti di quello che dovrebbe essere il “centro” del centrosinistra, affannosamente impegnati in uno strenuo attacco preventivo a scopo di difesa: excusatio non petita, accusatio manifesta. La cosa grave è che la Chiesa, non viene più avversata solo dai suoi storici oppositori, ma ora anche da chi cattolico o vicino alla Chiesa si professa da sempre.
Il ministro per la famiglia (promotore di una legge anti-famiglia) Rosi Bindi attua delle vere e proprie acrobazie politico/lessicali/normative per salvare capra (facciata etica e buonismo progressista) e cavoli (sedia da ministro) non solo cercando di fornire una parvenza di utilità ai suoi “dico”, ma addirittura lanciando i suoi personali anatemi: “vorrei una Chiesa che parlasse di Dio”. Cara Rosi, ma la chiesa parla da sempre di Dio. Il “problema” è che, se ci credi, Dio è semplicemente dappertutto. Altri cattolici della margherita dal loro sito web rivendicano “la distinzione fra fede ed attività pubblica”, i cosiddetti “teo-dem” cercano di autoconvincersi che “nella base cattolica, ma anche nelle gerarchie ecclesiastiche, ci siano posizioni molto simili a quelle espresse nel nostro documento, ed abbiamo respinto sia il fondamentalismo laico che l’integralismo clericale”.
L’intervento poi di Oscar Luigi Scalfaro su “ la Repubblica” di mercoledì 15 è a cavallo tra il tragicomico e l’assurdo. Preferisco non dilungarmi in polemiche e liquidare semplicemente lo Scalfari-pensiero solo come un rigurgito di demenza senile. Un vero cattolico non può pensare seriamente certe cose. Leggere l’articolo per credere. Chiederei all’ex-presidente solo due cose: non crede che se un politico debba prendere ordini, questi certo non dovrebbero venire dalla Chiesa né da altre fonti, ma solo dalla sua coscienza e dai suoi principi, sempre che ne fosse ancora provvisto? E poi, quando farà lo sforzo di valutare una questione, peraltro anche piuttosto complessa, evitando di prendere in considerazione, farsi e darsi domande e risposte tenendo come sacro un solo punto di vista, che chiaramente è il suo e quello di chi la pensa come lei?
Come nella peggiore tradizione Dc, nel centrosinistra si cercano le alchimie, gli equilibri per accontentare tutti e non scontentare nessuno. Si citano grandi cattolici e grandi papi, ma spesso un po’ anacronisticamente, senza attualizzare certe posizioni di un tempo all’odierno contesto socio-politico e senza accorgersi che i tempi sono cambiati nei rapporti fra Stato e Chiesa. Giovanni XXIII ed il suo concilio avevano (giustamente) aperto le porte ad un cattolicesimo progressista ed innovatore. Che poi si fece prendere un po’ la mano ed andò anche oltre il previsto, e a Paolo VI toccò persino parlare di“fumo di satana che è entrato anche nelle nostre chiese”. Poi quello di Giovanni Paolo II fu un pontificato capace di grande attenzione al magistero, al rapporto tra fede e ragione, alla difesa della sacralità della vita. Il tutto però messo in campo da un papa simpatico, viaggiatore, che non disdegnava di ascoltare Bob Dylan in piazza San Pietro, e che promosse gli incontri di Assisi per la pace fra le religioni. L’italica sinistra, chiaramente, prese per buona solo la parte mediatica del grande Karol Wojtyla, dimenticandosi invece un po’ troppo precocemente del suo apostolato denso di contenuti e decisamente rigido rispetto ai predecessori; apostrofandolo “Woytilaccio” subito dopo la sua elezione, ma strappandosi le vesti alla sua morte.
Il suo successore invece, avendo intuito della scaltrezza del nemico e dei proseliti che sta mietendo al “centro”, non si perde in orpelli e va dritto al punto: o con Gesù, che tanto amore chiede ma molto di più dona in cambio, o senza Gesù. Fate vobis. La cosa triste è il notare che, purtroppo non solo nella maggioranza, si faccia fatica a capire che siamo tutti impasto di carne e spirito, e certe decisioni (specie per un politico eletto dal popolo a sua rappresentanza) non possono essere figlie solo di una fredda razionalità o di una libertà di coscienza lasciata al singolo individuo. In quali valori si specchia questo individuo, questo partito politico, questo nostro paese? Quali sono, a prescindere dalla fede che ognuno può professare, i temi naturali, etici, storico-culturali sui quali non si può transigere e sui quali assieme, da italiani, vogliamo fare fronte? Non può essere solo il carisma di un leader o la convenienza di una poltrona da ministro o sottosegretario il collante di un gruppo parlamentare votato da tanti italiani.
Di sicuro Cristo non è mai stato un argomento di gran moda, tanto meno oggi. Ma a differenza di ogni altro ispiratore di una religione che possa contare su milioni di fedeli, il Signore uno e trino del cattolicesimo ci presenta infatti delle caratteristiche introvabili altrove. Non si limita a parlare per mezzo di “profeti” o “ispirati”, fornendoci le tavole della legge direttamente dall’alto dei cieli destinate alla nostra prona approvazione, ma si fa carne e viene a condividere gioie e miserie dell’essere uomo, semplice figlio di un falegname e di una ragazza madre. Attualizza e porta a compimento le parole dell’Antico Testamento giudaico con il Nuovo Testamento, fornendoci, senza nulla imporre ed anzi perdonando i nostri errori, la via da seguire e ci chiede una sequela fatta di fede e di ragione, che solo camminando assieme portano l’uomo alla piena comprensione della sua natura e del suo collocamento nell’eterno disegno divino.
Il cristiano deve fare una scelta: la scelta della sequela o dell’allontanamento dal Padre. Sempre sapendo che (vedi Luca 15, 11-32) il Padre stesso è sempre pronto a riaccoglierci fra le Sue braccia non appena lo desideriamo con cuore sincero. Ma la scelta della sequela è scelta impegnativa e difficile, specie al giorno d’oggi dove “il relativismo, cioè il lasciarsi portare qua e là da qualsiasi vento di dottrina, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie” come ricordava l’ultima omelia del cardinale Joseph Ratzinger. Si tratta perciò di una scelta che chiede una netta presa di posizione che permea tutte le scelte della vita quotidiana, perchè un cattolico è sempre un cattolico: è un lavoratore cattolico, un padre cattolico, un elettore cattolico, un politico cattolico, un imprenditore cattolico… e non solo un frequentatore di chiese e prelati all’occorrenza.
Quindi l’essere amici di Cristo e ricambiare tutto l’amore che Lui ebbe per noi fino a farsi ammazzare, significa dire in ogni occasione il nostro “si si “ e “no no”, senza cedere ad alcun chiaroscuro tipicamente insito nella nostra italianità, noi che siamo abituati da secoli a “Franza o Spagna, purché se magna”. Certo, siamo assolutamente liberi di scegliere o meno questa Via, e qualora la scegliessimo sappiamo già che l’errore commesso per debolezza (ma non per malizia o strategico calcolo!) non comporterebbe alcuna pena. Ecco perchè è così irto il cammino alla santità nella vita, perché siamo tenuti a non sbagliare pur sapendo che qualora sbagliassimo nulla ci accadrà.
Nonostante tutta la comprensione che Dio ha per i suoi figli, sono sempre di più coloro che cercano di voler dimostrare a tutti i costi di voler tenere ben separato ed all’interno di una dimensione strettamente personale l’aspetto della fede. E soprattutto nel campo “pubblico” è sempre più di gran moda esimersi addirittura dal nominare tutto ciò che ha attinenza con quella religione che da due millenni permea la nostra storia, la nostra cultura e il nostro “io” più intimo. Ricordiamoci che il Papa, prima ancora che capo della Chiesa mondiale è successore di Pietro e quindi Vescovo di Roma, capitale d’Italia. Può non piacere, ma è così: abbiamo questo “inquilino” e ci dobbiamo saper convivere con mutuo rispetto. Inoltre, il concetto di ciò che è bene e ciò che è male, di continuità e conservazione della specie, di aiuto al prossimo in difficoltà, di amore sono innati nell’uomo indipendentemente da Cristo, ma proprio da Lui sono stati profondamente trasformati ed inseriti nel nostro vissuto quotidiano. Ecco perchè la fede non può essere una questione privata, proprio perchè siamo provvisti anche di quella ragione che alla fede dà la forza della testimonianza. Gesù stesso in Matteo 10 32-34 ci rammenta chiaramente il nostro compito di fedeli e le difficoltà che ci attendono: “Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli. Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada”. Prodi in merito, sorridendo e con Sircana alle spalle, ha dichiarato di sentirsi “sereno”.