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«Nella speranza siamo stati salvati dice san Paolo ai Romani e anche a noi»: è questo l’attacco dell’enciclica del Papa sulla speranza, che rimanda al capitolo 8 della Lettera ai Romani.
L’enciclica non è solo esposizione della speranza cristiana, ma anche discussione con l’Illuminismo, il marxismo e la scienza che lungo gli ultimi tre secoli hanno «preteso» di mettere le loro «utopie» al posto di Dio.
Con l’abituale puntualità il Papa teologo confuta quella pretesa e afferma che «l’uomo ha bisogno di Dio, altrimenti resta privo di speranza». Nel suo insieme «il tempo moderno — scrive il Papa — ha sviluppato la speranza dell’instaurazione di un mondo perfetto che, grazie alle conoscenze della scienza e ad una politica scientificamente fondata, sembrava esser diventata realizzabile ». La «fede nel progresso» che viene a soppiantare la fede in Dio ha una prima manifestazione nell’epoca dei Lumi, quando trionfano i «concetti chiave di ragione e libertà», che trovano una «concretizzazione politica» con la Rivoluzione francese, che tenta di «instaurare il loro dominio». «L’Europa dell’Illuminismo — scrive Benedetto — in un primo momento ha guardato affascinata a questi avvenimenti, ma di fronte ai loro sviluppi ha poi dovuto riflettere in modo nuovo su ragione e libertà ».
Le acquisizioni della «rivoluzione borghese» furono sottoposte a critica da Marx che teorizzò la necessità di «una nuova rivoluzione». «La sua promessa — scrive il Papa — grazie all’acutezza delle analisi e alla chiara indicazione degli strumenti per il cambiamento radicale, ha affascinato ed affascina tuttora sempre di nuovo ».
Ma nella teoria marxista c’era un «errore fondamentale »: «Egli ha dimenticato l’uomo e ha dimenticato la sua libertà ». Insomma «il suo vero errore è il materialismo» e la conseguenza è che i sistemi comunisti hanno «lasciato dietro di sé una distruzione desolante».
«Non è la scienza che redime l’uomo», afferma infine il Papa: «La scienza può contribuire molto all’umanizzazione del mondo e dell’umanità. Essa però può anche distruggere l’uomo e il mondo, se non viene orientata da forze che si trovano al di fuori di essa».
Il fallimento delle grandi utopie impone un ripensamento: «È necessaria un’autocritica dell’età moderna» ed è necessaria «un’autocritica del cristianesimo moderno», che deve riguardare in particolare il fatto che esso — «di fronte ai progressi della scienza nella progressiva strutturazione del mondo» — si è «in gran parte concentrato sull’individuo e la sua salvezza» e «con ciò ha ristretto l’orizzonte della sua speranza e non ha neppure riconosciuto sufficientemente la grandezza del suo compito, anche se resta grande ciò che ha continuato a fare nella formazione dell’uomo e nella cura dei deboli e dei sofferenti». Parole forti in bocca a un Papa.
L’attuale «crisi della fede» — scrive Benedetto — «è soprattutto una crisi della speranza cristiana». Essa va riproposta come elemento centrale della vita cristiana: grazie a essa «il cielo non è vuoto» e noi «abbiamo un futuro».
Intitolata in latino «Spe Salvi » (Salvi nella speranza) l’enciclica è di 81 pagine ed è stata stampata in un milione di copie, tradotta in 8 lingue: oltre che in latino e italiano, anche in inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese e polacco.

 

(dal “Corriere della Sera”)