La seconda enciclica di papa Ratzinger, Spe Salvi, è molto colta, molto europea, sottilmente integrista. Vi si parla di Agostino, Marx, Lenin e Bacone, si cita la scuola di Francoforte e il greco Massimo il Confessore, ma – a parte un cenno alla santa africana Bakhita e a un martire vietnamita – il vasto mondo globalizzato con le sue molteplici culture è come non esistesse.
L´Europa, che cammina per conto suo, è il cruccio di Benedetto XVI. Il Papa – ammette il cardinale Albert Vanhoye durante la conferenza di presentazione – intende «rinnovare la speranza nei paesi di vecchia cristianità, che sono diventati tiepidi». La speranza viene da Dio, il Dio cristiano, anzi cattolico. Il confronto è fra Chiesa cattolica e atei occidentali. Che miliardi di contemporanei possano credere in redenzioni, affidate ad un altro Trascendente, non è nemmeno preso in considerazione.
In ogni caso non c´è vero progresso senza etica, non c´è etica autentica senza Dio e il vero Dio ha il volto di Gesù Cristo. Ai diversamente credenti non resta che ascoltare, l´idea che la Chiesa – come suggerisce il concilio Vaticano II con la Gaudium et Spes – possa anche imparare dal mondo, è rimossa.
Come sempre il linguaggio di Benedetto XVI è affascinante, ricco di molteplici suggestioni, a metà strada tra gli esercizi spirituali e la grande esegesi. Spe Salvi è al fondo una lezione sull´essere cristiani.
Ratzinger chiede cristiani convinti, coscienti, attivi. Il cristianesimo individualista, che si rifugia in una salvezza esclusivamente privata, è respinto dal pontefice. L´amore di Dio che redime, l´offerta di Cristo sulla croce esigono dal cristiano amore e giustizia verso gli altri, la com-passione nelle sofferenze altrui, la responsabilità concreta nei confronti dell´umanità. Insomma, un «continuo impegno per il miglioramento del mondo».
Serrata è la critica ratzingeriana verso l´autosufficienza della scienza, la fede nel progresso – incarnata agli inizi dell´epoca moderna dal filosofo Francesco Bacone – e la concezione di una ragione capace di costruire il «regno dell´uomo». Scienza e progresso, afferma l´enciclica citando Theodor Adorno, possono perdere l´umanità aprendo «possibilità abissali di male». L´uomo ha inventato la fionda, ma anche la megabomba. Il progresso senza etica diventa «minaccia per l´uomo e per il mondo».
Dunque, il progresso per essere tale ha bisogno della crescita morale dell´umanità e questo si ottiene attraverso l´«apertura della ragione alle forze salvifiche della fede». L´uomo, scandisce apoditticamente Ratzinger, ha bisogno di Dio, altrimenti «resta privo di speranza». Impostato così il ragionamento, il dialogo con un´etica laica sembra impossibile da condurre.
Negativo è il giudizio sull´era delle rivoluzioni. Per il pontefice la speranza della Rivoluzione di instaurare il dominio della ragione e della libertà è un tentativo storico insufficiente. La Rivoluzione russa e le utopie marxiste hanno lasciato invece dietro di sé una «distruzione desolante».
Quanto all´ateismo dell´era moderna, è incolpato delle «più grandi crudeltà e violazioni della giustizia».
Eppure dall´enciclica traspare una sorta di sotterranea emozione di Joseph Ratzinger per il ruolo giocato dal suo conterraneo Karl Marx. Il Papa ne esalta il «vigore di linguaggio e di pensiero», la «grande capacità analitica», l´«acutezza e la chiara indicazione degli strumenti per il cambiamento radicale». Confessa il cardinale-teologo Georges Cottier: «Anche io sono rimasto stupito dal quasi-elogio di Marx da parte del pontefice». Naturalmente Benedetto XVI bolla come «errore fondamentale» del pensatore rivoluzionario il suo materialismo e l´aver dimenticato la radicale libertà dell´uomo, «anche di fare il male».
Insomma, nessuna struttura economica o politica può assicurare la società perfetta. Il Papa contesta tutte le ideologie, che pretendono di portare giustizia tra gli uomini staccandosi da Dio. «Un mondo, che si fa giustizia da solo, è un mondo senza speranza», afferma.
In ultima istanza il mondo moderno faccia autocritica nel confronto con il cristianesimo. Ma anche il cristianesimo moderno ha bisogno di autocritica per ripartire dalle proprie radici e sapere cosa può o non può «offrire al mondo».
Benedetto XVI è esigente. Chiede ai cristiani un amore attivo, una preghiera autentica, una purificazione dalle «menzogne segrete con cui l´uomo inganna se stesso», sobrietà, impegno per la giustizia.
Dinanzi alle sofferenze del mondo Ratzinger dichiara comprensibile la protesta contro Dio dell´ateismo moderno, però soggiunge che la pretesa che l´umanità possa fare ciò che Dio non è in grado di compiere, è «presuntuosa» e falsa.
Nel suo vasto affresco il pontefice inserisce una rilettura stimolante delle immagini di paradiso, inferno e purgatorio che la Chiesa si è fatta per secoli. Il Giudizio Finale, ribadisce, è qualcosa di reale: «La grazia non esclude la giustizia. Non cambia il torto in diritto. Non è una spugna che cancella tutto». Se il paradiso è comunione con Dio, ci sono pure individui nella storia che «hanno vissuto per l´odio e hanno cancellato in se stessi l´amore», ponendosi in una condizione non più rimediabile: e questo – dice il Papa – si indica con la parola inferno. C´è poi la condizione dei più, in cui male e bene è impastato. Nell´incontro con Cristo, il Giorno del Giudizio, verrà «bruciata» la loro sporcizia. Però, spiega Ratzinger con poetica efficacia, la «durata di questo bruciare non la possiamo calcolare con le misure cronometriche di questo mondo».
Cristo è portatore di salvezza. E tuttavia il pontefice ammette: «Oggi molte persone non vogliono affatto la vita eterna, ma quella presente, e la fede nella vita eterna sembra, per questo scopo, piuttosto un ostacolo».
(da “La Repubblica”)