Stimolato dall’intervento del Sen. Quagliariello, desidero contribuire – seppur da esterno – a quel dibattito politico-culturale sulla modernità ed i suoi problemi che è già in corso nel “Partito della Libertà”; dibattito che, come sottolinea Quagliariello, è bene sia il più ampio possibile considerato che si è all’inizio dell’attività del nuovo soggetto politico e visto anche il particolare difficile momento che sta attraversando il nostro Paese.
Come ho già avuto modo di affermare in più occasioni, con il tramonto delle grandi ideologie il quadro, non solo politico, che oggi la cosiddetta società post-moderna ha di fronte è notevolmente diverso dal passato. Molte delle categorie che hanno caratterizzato la storia degli ultimi due secoli sono diventate vetuste e necessitano di un ripensamento e rinnovamento, anche a livello semantico, iniziando proprio da quelle che si definiscono “destra” e “sinistra”.
Vediamo allora di individuare ciò che può oggi costituire motivo di distinzione tra le varie forze politiche in campo. Ebbene secondo me – e mi riferisco non solo al nostro Paese – il discrimine più significativo, che passa anche all’interno degli stessi attuali schieramenti politici, è quello tra coloro che ritengono validi il principio di realtà oggettiva, e di conseguenza, l’esistenza di una “legge naturale” e coloro che, al contrario, basano la loro azione su una visione soggettivistica della realtà. Una divisione quindi che vede da un lato “realisti” od “oggettivisti” e dall’altro “relativisti” o “soggettivisti”, il che pone in evidenza una sorta di ribaltamento dei riferimenti sociologici da sempre attribuiti alle due anzidette categorie: infatti alla “destra”, in quanto depositaria del “common sense”, quindi del “diritto naturale”, verrebbe di fatto riconosciuta una dimensione “comunitaria”, mentre alla “sinistra”, in quanto “relativista”, verrebbe attribuito un connotato “individualistico”.
Così in altre parole, mentre una volta al termine “destra” venivano associati ruolo ed istanze del singolo individuo ed al termine “sinistra” veniva attribuito il ruolo del primato della collettività, oggi il paradigma verrebbe ad invertirsi, privilegiando la “destra” il bene comune oggettivo, fondato sul principio di realtà, e promuovendo invece la “sinistra” desideri individuali, prescindendo anche dal beneficio che potrebbero apportare alla società.
Come si vede, dunque, siamo di fronte a un quadro – politico, culturale e sociale – totalmente nuovo. Quadro che si caratterizza poi per due ulteriori aspetti salienti.
Primo, la crescente consapevolezza della sostanziale illusorietà di quanto viene proposto dalla tecnocrazia scientista: infatti lo sviluppo tecnico-scientifico, che in futuro avrebbe dovuto assicurare perenne felicità a tutta l’ umanità si sta rivelando un’utopia, una suggestione verso un nuovo anti-umanesimo che tende a ridurre la persona umana a mero strumento.
Quanto al secondo aspetto, questo emerge proprio dall’incapacità della tecnocrazia scientista a fornire risposte convincenti alle domande ultime relative all’uomo stesso: quali il suo principio ed il suo fine e le ragioni della sua esistenza. Aspetto rappresentato dal ritorno, non sul piano privato, bensì su quello pubblico e civile, della dimensione religiosa, la sola capace di fornire risposte a quegli aneliti che le varie “scienze”, non solo quelle “esatte”, ma anche, e soprattutto, quelle “sociali” e “politiche” hanno creduto di poter risolvere, determinando invece catastrofi quali quelle del secolo passato.
Gaetano Rebecchini è il Presidente del Centro di Orientamento Politico