“Atlas Shrugs!” (Atlante si ribella), “Who is John Galt?” (Chi è John Galt), “I am John Galt” (Io sono John Galt), “Ayn Rand was Right: Nationalization is Theft” (Ayn Rand aveva ragione: la nazionalizzazione è un furto). Sono questi i cartelli prevalenti nelle marce di protesta dei Tea Party. Fanno riferimento ad un solo libro: Atlas Shrugged, al suo misterioso protagonista John Galt, alla sua autrice Ayn Rand (1905-1982). Romanziera, saggista, filosofa, nata in Russia ed emigrata negli Usa per sfuggire al potere sovietico… e poi per combattere contro la cultura collettivista occidentale. Con l’esplosione del Tea Party e la vittoria repubblicana delle elezioni di Medio Termine, il nome di Ayn Rand, a ventotto anni dalla sua morte, torna ad essere al centro del dibattito politico americano.
Ne abbiamo parlato con David Kelley, filosofo oggettivista contemporaneo, fondatore della Atlas Society, una delle più attive associazioni culturali dedite alla diffusione dell’Oggettivismo, sia con seminari e conferenze, sia tramite la rivista “The New Individualist”.
Professor Kelley, quanta influenza di Ayn Rand c’è nella protesta dei Tea Party?
Dobbiamo chiederci, prima di tutto, quale sia il significato di questa protesta. E’ gente responsabile e produttiva a cui viene imposto il pagamento degli errori commessi da persone irresponsabili. ‘Ci vuole un nuovo Tea Party’ dei responsabili. Era questo lo slogan lanciato dal commentatore economico Rick Santelli, che poi ha dato il nome al movimento. La tendenza politica degli ultimi due anni ricorda sempre più da vicino la trama di “La rivolta di Atlante”, con un governo dotato di sempre maggior potere arbitrario. Un trend evidente soprattutto da quando il presidente Obama ha iniziato a nominare degli ‘zar’ in diversi settori: dirigenti, neppure responsabili di fronte all’elettorato, dotati di poteri straordinari nel loro campo di competenza. ‘Zar’ è già un nome che si sarebbe dovuto evitare, perché ad esso sono associati sempre dei concetti molto negativi. Quanto è servito tutto questo alla causa di Ayn Rand? Sorprendentemente le vendite di “La rivolta di Atlante” sono raddoppiate. Già erano alte, incredibilmente alte, se pensiamo che si tratta di un libro scritto mezzo secolo fa, 53 anni fa per la precisione. Sui media si sono moltiplicate le citazioni di Ayn Rand. Il suo nome è tirato in ballo in continuazione. Per parlarne male, in molti casi. Ma comunque, e questa è la cosa più importante, è tornata ad essere un oggetto del contendere, una protagonista del dibattito politico americano. La gran massa di persone che aderisce o simpatizza per il movimento Tea Party, o semplicemente legge “La rivolta di Atlante” è “esposta” alle idee di Ayn Rand. Una minoranza di questi può interessarsi alla sua filosofia e studiarla. Una minoranza ancor più esigua può decidere di diventare attivista per la libertà.
Chi scende in piazza contro l’amministrazione Obama lo fa più per motivi religiosi (il Tea Party è spesso descritto dalla stampa italiana come un movimento della destra religiosa) o per protestare contro l’economia statalista?
Io penso che sia l’economia l’aspetto dominante del movimento Tea Party. Almeno per ora. Non ho fatto una statistica per conto mio, ma ci sono già studi di scienza politica sul Tea Party, per capire quanta gente sia interessata soprattutto alla protesta economica e quanta, invece, sia mossa da sentimenti religiosi. La stragrande maggioranza protesta e aderisce al movimento per motivi economici. La religione è molto minoritaria”.
Perché ‘La Rivolta di Atlante’ è così tanto letto e apprezzato (si dice anche che sia il secondo libro più diffuso negli Usa dopo la Bibbia), ma l’Oggettivismo non è mai diventato un movimento mainstream nella politica americana?
E’ una situazione molto complessa che richiede un’analisi più articolata. La lettura dei romanzi di Ayn Rand, in particolare “La rivolta di Atlante”, avviene su tre livelli. Il primo è politico. Stiamo parlando di persone che hanno letto i suoi libri e ne traggono ispirazione per la loro vita di comunità. Qualche volta ne traggono anche lezioni politiche, perché iniziano a giudicare il capitalismo, non come un sistema del tutto negativo, ma positivo. In molti casi, dopo la lettura di Ayn Rand, c’è chi cambia le proprie idee su molte questioni. Una minoranza di questi diventa politicamente attiva e si batte per la libertà individuale. Il secondo livello di lettura è emozionale e personale. E coinvolge la stragrande maggioranza dei lettori. C’è poi un terzo gruppo, più esiguo, che si appassiona alla filosofia espressa dai romanzi della Rand. Quest’ultimo è il gruppo degli oggettivisti. Comunque, quasi tutte le persone che ho incontrato e che hanno letto “La fonte meravigliosa” o “La rivolta di Atlante”, non hanno neppure mai sentito la parola “Oggettivista”. E, fra coloro che sono appassionati della filosofia oggettivista, quelli che hanno deciso di fare movimento sono una minoranza ancora più esigua. Io credo poi che la crescita del movimento oggettivista sia stata frenata da numerose disfunzioni.
Quali disfunzioni?
Penso soprattutto alla convinzione che la filosofia oggettivista sia esclusivamente quella contenuta negli scritti di Ayn Rand, senza nemmeno una virgola aggiunta. Questa convinzione genera una mentalità molto “protettiva”, una sorta di ortodossia di partito, in base alla quale chiunque può essere considerato eretico e buttato fuori dal movimento. La nostra organizzazione, la Atlas Society è nata (col nome di The Objectivist Center) proprio da uno di questi dibattiti. L’Oggettivismo deve crescere, questo è sempre quello che ho pensato. Ayn Rand fu un genio che scoprì questa idea, ma la ricerca non può fermarsi a lei. E’ chiaro che un movimento intellettuale, come quello oggettivista, è sempre numericamente più piccolo rispetto ad uno politico o popolare. Ma anche nella limitata sfera intellettuale, l’Oggettivismo avrebbe potuto contare molto di più. Quando la tua maggiore preoccupazione è quella di conservare la purezza di una idea originale, è logico che poi vi sia qualcuno che si ritenga più puro degli altri e che si ritenga investito dell’autorità suprema di stabilire chi è oggettivista e chi non lo è. Leonard Peikoff, erede di Ayn Rand (e fondatore dell’Ayn Rand Institute), sta tuttora ricoprendo questo ruolo di leader politico che fissa la linea. E penso anche che la natura estremamente chiusa del movimento oggettivista abbia scoraggiato la gente ad avvicinarsi a quelle idee.
Si dice anche che l’ateismo sia una delle cause principali dell’impopolarità dell’Oggettivismo, in una nazione prevalentemente cristiana quale gli Stati Uniti. L’ateismo oggettivista può trasformarsi in vera e propria intolleranza nei confronti di persone religiose?
L’Oggettivismo è una filosofia secolare, basata sull’uso della ragione. In essa non trova alcun posto la fede, né alcuna giustificazione di una dimensione sovrannaturale. Questo non vuol affatto dire che sia intollerante. C’è la possibilità che qualcuno viva questo ateismo in modo dogmatico. Io penso, così come la maggioranza delle persone che conosco, che l’Oggettivismo sia vero e porti benefici alla propria vita. E voglio che più gente possibile si avvicini a questa filosofia e assimili quel che può o quel che vuole. Ci sono molti appassionati che apprezzano tutto il pensiero di Ayn Rand e altri autori oggettivisti, ne condividono la visione del mondo, ma continuano a credere che uno spazio della loro mente sia da riservare a un certo concetto di Dio, anche se non è giustificato dalla filosofia. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di persone con convinzioni religiose molto radicate, per la loro formazione cristiana, musulmana o ebraica. E che, in ogni caso, non si sentono pronte a dichiararsi atee. Non sono un problema. Il fatto che accettino e apprezzino i valori dell’Oggettivismo è già un’ottima notizia.
L’Oggettivismo è più ateo o più agnostico?
L’Oggettivismo è un sistema di pensiero ateo, non agnostico. L’agnosticismo afferma che devi portare le prove per affermare l’inesistenza di Dio. E questo è un assurdo epistemologico, perché le prove si portano per dimostrare l’esistenza, non la inesistenza di una realtà.
Ci sono anche persone che sono razionali per tutto il giorno, ma nel loro intimo credono in Dio…
La ragione è alla base della filosofia oggettivista. E dovrebbe essere alla base di tutto ciò che una persona vive e conosce. Se una persona vive e prende le decisioni in base alla sua ragione, non capisco che importanza possa avere questo piccolo compartimento conservato appositamente per contenervi la fede in Dio. C’è anche da dire che è molto difficile separare le idee in compartimenti stagni. La mente umana tende a integrare, non a scomporre. Si tende a seguire quel che si crede e ad abbandonare quel che non si crede. Quindi, perché dedicare così tanta energia nel perseguire conoscenza, felicità e successo in questa vita se si crede che, in fondo, la vita più importante sia un’altra? Se si prende sul serio la religione e la convinzione dell’esistenza di Dio, si deve vivere di conseguenza. Si devono seguire delle pratiche che influenzano, eccome, la vita su questa terra.
Un aspetto spesso sottovalutato della filosofia oggettivista è la sua estetica. Ma anche questo è un punto controverso che può aver contribuito alla sua scarsa diffusione: può l’estetica essere giudicata oggettivamente?
L’estetica, benché poco conosciuta, è una branca molto importante della filosofia di Ayn Rand. Sostanzialmente consiste nel dare una forma concreta a concetti e valori astratti. Perché abbiamo bisogno di vederli e dar loro una forma. Nell’etica, oltre ai valori più materiali, quali la produttività e la giustizia, ce ne sono altri più spirituali, quali l’autostima. Avere ideali è un fattore motivazionale e una guida nella propria vita. L’arte rappresenta ideali. E in quanto tale può essere giudicata. In quanto tramite, l’arte può esprimere i suoi concetti meglio o peggio. Un fumetto, ad esempio, è una forma di letteratura meno profonda e meno complessa rispetto a un grande classico della letteratura, come un romanzo di Victor Hugo. Ma un fumetto trasmette valori. E può risultare estremamente prezioso per una persona che apprende quel messaggio pur senza avere la pazienza o l’abilità di leggersi i classici della letteratura. E così anche un fumetto diventa un valore.
Si possono giudicare oggettivamente i gusti di una persona?
Sul gusto vanno ad influire una serie infinita di fattori personali. Due persone possono vedere significati diversi e provare sensazioni opposte anche di fronte allo stesso colore o allo stesso identico oggetto. Ma l’importante è chiedersi: da cosa deriva quella reazione? Da cosa è causata? Sono i nostri valori che ci spingono, alla fine, a giudicare se una cosa è bella o brutta. Ayn Rand aveva dei gusti molto marcati, con odi e amori molto forti. Era un’artista lei stessa. Ma questo non vuole assolutamente dire che tutti gli Oggettivisti debbano condividere i suoi gusti. Ed è sempre meno diffusa, fra gli oggettivisti, la tendenza a giudicare una persona in base ai suoi gusti. Il mondo della letteratura è pieno di esempi di capolavori che pur esprimono dei valori opposti a quelli della filosofia oggettivista. Si può ammirare un romanzo, addirittura esserne estasiati, per il suo valore letterario, pur rigettandone il pensiero di fondo. La Rand odiava Lev Tolstoj per la sua filosofia, per la sua religiosità e perché rappresentava (per lei, che era nata e cresciuta a San Pietroburgo) l’uomo russo opposto al suo ideale. Ma la Rand stessa era consapevole che Tolstoj avesse prodotto dei romanzi eccezionali, da un punto di vista letterario.
A proposito di bellezza… un articolo della Rand, in particolare, ha sollevato le ire di femministe e non solo, per decenni in America: “About a Woman President”. In questo pezzo, spiegava che una donna non dovrebbe essere presidente, perché il ruolo della donna è diverso da quello dell’uomo. E mentre spetta all’uomo essere l’eroe, alla donna spetta l’adorazione dell’eroe. Sbaglio?
(Ride) Francamente non conosco alcun oggettivista contemporaneo che sia d’accordo con quell’articolo. Credo che questo sia più un problema per gli oggettivisti che si definiscono ortodossi, che non per persone come me. Quel pezzo era una risposta ad una domanda su una singola questione politica e non credo sia molto rappresentativo della filosofia oggettivista. La domanda vera, semmai, è se vi sia una distinzione fra mascolinità e femminilità. Lei stessa non avrebbe mai voluto ricoprire la carica di comandante in capo (di fronte al quale tutti gli altri appaiono inferiori), perché sarebbe stata in contraddizione con la sua idea di femminilità, non con la sua idea dei diritti delle donne. Il concetto di femminilità e quello di adorazione dell’eroe è la risposta alla domanda: su cosa si fonda una relazione romantica? Si tratta di una scelta psicologica, non politica. Ma gran parte dell’opinione pubblica continua ad essere infuriata con Ayn Rand per quell’articolo. Ovviamente, in una società libera, un governo non è valutato bene perché è uomo o donna. Un governo è buono se governa poco.
Il governo americano, come abbiamo visto prima, sta governando molto più del consueto. Siamo allo stadio finale che porta alla Rivolta di Atlante?
Non credo proprio. Non vedo i sintomi di edificazione di un governo assoluto, totalitario. Certo: mai dire mai. Ma il movimento Tea Party e l’esito delle elezioni di Medio Termine sono la dimostrazione che quando il governo si espande troppo rapidamente, la popolazione reagisce e contrattacca. Diamo ancora abbastanza importanza all’individualismo per non soccombere a uno Stato padrone delle nostre vite. I valori cambiano nel tempo e, almeno nell’ultimo secolo, anche l’individualismo è stato eroso da altri concetti. Oggi siamo sicuramente più propensi a dipendere dallo Stato. Constatiamo, purtroppo, una maggior diffusione e forza dell’invidia nei confronti delle persone di successo rispetto a mezzo secolo fa. Quindi è possibile che in futuro possa sorgere un regime liberticida, non dico di no. Ma è ancora un’ipotesi remota.
Che ruolo hanno avuto le idee di Ayn Rand nel consolidamento dell’individualismo americano?
E’ difficile verificare, con una statistica, quel che sto per dire, ma in alcuni periodi recenti della nostra storia, dalla fine degli anni ’70 agli anni ’90, molti settori economici sono stati deregolamentati e detassati. E’ stata per lo meno rallentata la crescita del potere dello Stato, che negli anni ’50, ’60 e ’70 proseguiva senza sosta, con l’introduzione di sempre nuovi programmi sociali, sussidi, regolamenti. Tutto questo era perfettamente coerente con le logiche della public choice: più regolamenti e sussidi creavano fasce sempre più ampie di popolazione beneficiate, creando così un circolo vizioso di sempre maggior tassazione e spesa pubblica. Il rigetto di questo sistema, dunque, non è dovuto a interessi, ma a un cambiamento culturale. La gente ha ricominciato a ragionare in termini di indipendenza dallo Stato. Ayn Rand e la diffusione delle sue idee a livello popolare ha sicuramente contribuito a questo cambiamento. Purtroppo, nell’ultimo decennio, non abbiamo avuto a che fare con un’amministrazione repubblicana raeganiana, ma con Bush, che ha aumentato i fondi per numerosi programmi sociali. Con Bush lo Stato ha ricominciato a espandersi di nuovo. E ora abbiamo Obama, che è ancor più statalista, il presidente più di sinistra che gli Stati Uniti abbiano finora avuto dal secondo dopoguerra. Un capo di Stato che vorrebbe rendere l’America molto più simile ad un sistema sociale europeo. Anche qui: la reazione a Obama è un risveglio culturale. Non so quanta influenza della Rand ci sia a questo livello. Ma milioni di persone hanno aderito al Tea Party, in base a idee di indipendenza e responsabilità individuale. E al di là degli attivisti, una base ancora maggiore di persone, circa un quarto dell’elettorato, sostiene questi valori. E’ soprattutto questo fattore che ha determinato la vittoria elettorale dei Repubblicani.
Ne “La Rivolta di Atlante”, di fronte al sorgere di un regime totalitario, un nucleo di grandi menti, ispirate dallo scienziato-imprenditore John Galt, decide di effettuare uno “sciopero della mente”: si ritirano in un rifugio sicuro e non collaborano più con il regime, né con il resto della società. Ma è una strategia percorribile? Isolandosi in un rifugio sicuro, non scambiando più nulla, non si finisce per caso in un “beato isolamento eremita” da Corea del Nord?
“La Rivolta di Atlante” è fanta-economia, è da intendersi come un’opera di fantasia, Ayn Rand stessa non pretendeva che fosse realistico. Il rifugio sicuro di John Galt, è una metafora, un modo per indicare una via di resistenza individuale. Ne “La virtù dell’egoismo”, Ayn Rand affermava che, finché vi sarà un diritto alla libertà di espressione, vi sarà la possibilità di esprimersi senza la paura di finire torturati o in un campo di concentramento. Finché vi sarà un diritto di voto, sarà sempre possibile scegliere un governo che rispetta, meglio delle sue alternative, la tua libertà di espressione e la tua proprietà. In gran parte dei Paesi industrializzati, anche quelli in cui lo Stato dirige ampi settori dell’economia, la libertà di espressione e di voto è ampiamente garantita. Solo quando questi diritti sono perduti, diventano lecite altre forme di resistenza. Nel mondo reale ci sono alcuni esempi di dissenso simili a quelli rappresentati ne La Rivolta di Atlante. In Spagna il governo perseguitò gli ebrei dopo la Reconquista. E gli ebrei, fuggendo, divennero, una componente fra le più dinamiche della vita culturale europea, in Olanda in particolare. Il mondo contemporaneo è ricco di esempi di cervelli in fuga da regimi troppo oppressivi. Ma abbiamo anche casi meno drammatici: medici che rassegnano le dimissioni perché non accettano la nuova regolamentazione imposta dalla riforma sanitaria. Non si tratta di creare una rete di resistenza o un’organizzazione segreta. La resistenza è individuale. Ognuno di noi deve essere pronto a non collaborare con un regime che ci vuole annullare. La Rand era ottimista sulla possibilità di resistenza e fuga, perché, traendo spunto dalla sua esperienza sovietica, era convinta che un grande potere accentratore fosse anche estremamente incompetente. Non si sono mai realizzati regimi assoluti altamente efficienti nel loro controllo sulla popolazione, come quelli immaginati da George Orwell in “1984”. Più un regime impone il suo pugno di ferro sulla società, più perderà le menti che gli permettono di far funzionare la tecnologia necessaria alla sua sopravvivenza. Il male può vivere solo finché le sue vittime più intelligenti e talentuose, lo accettano.
Vedi anche: “Con il Tea Party ritorna l’Oggettivismo negli USA””