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La disputa sul liberalismo sembrava incardinata su temi e toni di scarso interesse. Almeno fino a quando Putin, in occasione del G20, non ha deciso di pronunciarsi in termini espliciti. 

In Italia, c’erano stati un tempo i de Caprariis e i Matteucci che, per accreditare la democrazia occidentale, avevano riletto e riproposto Tocqueville. Non senza avversione, oltre che al populismo, al popolo di Rousseau. Si pensi a quando la collana del Mulino da loro diretta arrivò a escludere, appunto, Rousseau dai “classici della democrazia”. Nel senso che, se lo era, lo era in quanto fautore della democrazia totalitaria. E in democrazia liberale l’antitesi tra liberalismo e totalitarismo doveva sempre restare nitida. 

A de Caprariis e a Matteucci, in difesa di Rousseau, aveva replicato allora con insolita veemenza Lucio Colletti. Il che poi spiega le ragioni per le quali, dalla metà degli anni Settanta, fattosi anch’egli democratico (socialista) liberale, Colletti non fosse mai più tornato sulla questione, o meglio non avesse più dubitato delle buone ragioni dei de Caprariis e dei Matteucci. 

Dei quali oggi si sente una certa nostalgia, per sviluppare ad esempio i buoni argomenti di Sabino Cassese in questa stagione. Non altrettanto convincente, invece, la volonterosa insistenza con la quale Carlo Calenda amerebbe attribuire a sé medesimo, al proprio ruolo parlamentare e al proprio partito il monopolio del “patronage” di liberali e popolari al momento fuori dai giochi. L’idea sembra quella di rifare del Pd odierno, al modo del vecchio Pci, una casa di tolleranza e aggregazione degli “indipendenti”. Affiora poi in Calenda quasi un’ossessione delle virtù “manageriali” del liberalismo, per rivendicarne l’attualità come dottrina di comando e di obbedienza, fino a ipotizzare che nella storia d’Italia Marchionne abbia un profilo preminente rispetto a Croce. 

 

Proprio da questo punto di vista la brutalità di Putin sul liberalismo può aver rappresentato un chiarimento. C’erano stati sì tanti riconoscimenti dei populisti europei ai meriti del putinismo, ma una esplicita affermazione in loro favore del putinismo non c’era ancora stata. 

Ora persino Trump (e anche il suo invadente plenipotenziario europeo Steve Bannon) non potranno ignorarlo. Al momento, dal G20 l’unica risposta a Putin è stata quella di Donald Tusk: “Sono l’autoritarismo, il culto della personalità e il culto degli oligarchi a essere davvero obsoleti”. Parole fermissime pronunciate senza alcuna pretesa di atteggiarsi ad “avvocato del popolo”.