Dopo la sbandata di Copenhagen i mestieranti del clima stavano ancora leccandosi le ferite per riorganizzarsi per nuove battaglie quando Obama ha dato un ulteriore colpo agli ambientalisti duri e puri non soltanto rilanciando, dopo trent’anni, il nucleare negli Stati Uniti, ma affermando con chiarezza che pur riconoscendo la possibilità di critiche e di posizioni avverse, le condizioni dell’economia e dello stato del pianeta sono tali da giustificare il superamento della “lotta di classe” tra verdi ed industria.
In questo contesto si stanno sempre più sbriciolando i capisaldi che hanno fatto la fortuna e la forza del Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici, lo IPCC, IPCC garantendo al suo presidente cospicue consulenze in giro per il mondo ed agli scienziati del club fama ed ascolto mistico da parte dei politici poco avvezzi ad esprimere capacità critiche ma sempre pronti a saltare sul carro mediatico di moda al momento.
Purtroppo però, come abbiamo visto, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi e le magagne che hanno caratterizzato gli ultimi anni operativi dello IPCC sono diventati di dominio pubblico evidenziando crepe sempre più visibili ed ampie nella credibilità dei vaticini che ci sono stati propinati.
L’elenco delle mistificazioni è lungo, viene regolarmente ripreso sulla stampa ormai da tempo, tanto da cominciare a diventare noioso. L’unico effetto, certamente il più grave, è stato però quello non di discreditare i nuovi stregoni subito pronti a demonizzare e a marginalizzare tutti coloro che non avessero abbracciato il pensiero unico dominante, ma quello di squalificare nel suo complesso la credibilità scientifica di quanti si occupano di clima e, di riflesso, del mondo scientifico nel suo complesso.
Scoprire i piccoli o grandi sotterfugi attuati per nascondere o forzare i dati “non in linea”, con le tesi che si volevano sostenere, propalare affermazioni false e volutamente catastrofiche per spaventare il pubblico e “sensibilizzare” i politici, come alcuni hanno avuto la spudoratezza di affermare, hanno mostrato la piccolezza degli addetti ai lavori, la loro miserabilità umana e professionale sputtanando (si ci sia permesso per una volta di chiamare le cose con la necessaria crudezza) la credibilità del lavoro degli scienziati proprio nei confronti dei cittadini verso i quali, invece, si dovrebbe il massimo rispetto visto che il mestiere di ricercatore implica di operare con serietà e credibilità per rispondere in maniera efficace alle necessità di quanti pagano le tasse ed i loro stipendi.
Ma allora se questo è il risultato, quale è la buona notizia indicata nel titolo? Semplice, il vaso si è rotto, la melma ha cominciato a colare dappertutto ed ecco mettersi in moto la corsa allo scarico delle responsabilità ed al tentativo di trovare rimedio. Ed ecco che nella riunione di oltre cento Ministri dell’Ambiente che si è conclusa pochi giorni fa a Bali, finalmente l’ONU ha cominciato a riconoscere le proprie responsabilità ed ha decretato che verrà messo in piedi un Comitato di Saggi indipendenti con lo scopo di valutare il lavoro sin qui svolto dallo IPCC: verranno valutati sia i dati sin qui utilizzati che, soprattutto, i metodi adottati per trarre le conclusioni fatte circolare con grande clamore.
Notizia decisamente inimmaginabile solo tre mesi fa; perdipiù questi esperti non dovranno aver avuto precedentemente rapporti con il Panel, saranno nominati dai governi e dovranno assicurare la massima imparzialità di giudizio. La valutazione dovrà essere fornita in tempi brevi, in ottobre, in Corea del Sud, in occasione della prossima riunione programmata dello IPCC. L’evidente obiettivo finale è chiaramente la volontà di riformare questo Organismo oggi non più presentabile nella forma e con le modalità seguite sino ad oggi. Se questo nuovo organo, che appare come un chiaro commissariamento, debba avere vita breve esprimendo le sue valutazioni e poi sciogliersi, ovvero se dovrà essere permanente, non è dato sapere al momento.
Il prossimo Rapporto dello IPCC, che si articola come di consueto in quattro parti, vedrà la luce tra il settembre 2013 ed il settembre 2014; ragionevolmente ci si aspetta che il marcamento stretto continui sino ad assicurare una faccia nuova ed una credibilità “certificata” almeno sino a quelle scadenze. Sbagliare di nuovo diventerebbe una sconfitta dalla quale non sarebbe più possibile uscire soprattutto nei confronti dei paesi in via di sviluppo che sono quelli maggiormente coinvolti nei riflessi delle menzogne sin qui propalate.
A questo si aggiunge la notizia che il coordinatore ONU che ha gestito per anni i valzer sui cambiamenti climatici, Ivo de Boer, lascerà l’incarico il prossimo luglio. Qualcosa quindi si muove anche nell’immota gora della struttura ONU; si tratterà di vedere chi verrà a rimpiazzarlo e con quali poteri. Purtroppo l’esperienza mostra che l’ONU butta facilmente il sasso al di là dell’ostacolo e produce spesso bellissimi documenti altisonanti che raramente, però, si concretizzano in iniziative concrete ed efficaci.
Non vorremmo che anche in questo caso il detto del Principe di Salina divenga una realtà così che si cambierà tutto nello IPCC per non cambiare nulla. Speriamolo, non ci resta altro.